Il cuore dei Magi si è messo in cammino verso Dio nello stesso momento in cui i loro passi si dirigevano verso Betlemme. Hanno cercato Dio, ma Dio guidava la loro ricerca fin dal momento in cui l’avevano iniziata. Appartengono al numero di coloro che sono divorati dalla fame e dalla sete di giustizia e aspirano al Salvatore e allontanano il pensiero che l’uomo, sul cammino del suo incontro con Dio, potrebbe rifiutare di fare il piccolo passo che gli viene richiesto, con il pretesto che Dio ne deve fare mille.
Cercano dunque lui, la Salvezza. Lo cercano nel firmamento, ma lo cercano anche nel loro cuore; nel silenzio ma anche nelle domande che pongono agli uomini, compresi gli ebrei e le loro sacre Scritture. Vedono una stella levarsi nel firmamento in un modo insolito, ed ecco, per una dolce condiscendenza di Dio, la loro scienza astrologica diviene il solo mezzo per rispondere all’attesa del loro cuore innocente. Il cuore avrà certamente tremato un po’ quando la loro scienza, unendosi all’idea vaga diffusa intorno a loro che gli ebrei attendevano un Salvatore, prendeva bruscamente l’aspetto di un’esigenza pratica,
quella di un viaggio molto concreto da intraprendere. Si saranno spaventati della loro stessa audacia: non era forse peccare di mancanza di realismo e di senso pratico l’aver preso così seriamente le nobili conclusioni della ragione teorica? Ma no, sono forti e animati da un santo coraggio. Si inchinano, partono. Ecco, appena hanno abbandonato la loro casa e corso il rischio di quel salto ardito che era loro richiesto, il cuore si fa subito più leggero; accade sempre così a colui che avendo rischiato tutto, si rivela più coraggioso di quanto la sua vita quotidiana precedente avrebbe lasciato supporre. Affrontano delle strade difficili, ma, agli occhi di Dio, quello è proprio il solo itinerario che conduce a lui poiché lo cercano con confidenza. Il panico li assale, così lontani dalla loro casa e dalle loro abitudini quotidiane; ma sanno che tale è la condizione umana: l’uomo, perpetuo viaggiatore, deve cambiare continuamente il proprio orizzonte e non attaccarsi a nessun luogo, altrimenti, invece della vera patria e del vero luogo del suo riposo, non troverà che un accampamento lungo la strada. Sperimentano così in modo esistenziale (e non a base di idee cerebrali), che la vita è un’incessante trasformazione, e non si raggiunge il proprio sviluppo che attraverso innumerevoli rinnovamenti di sé.
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