IL BUIO E L’ALBA
Il cristianesimo, come ogni organismo vivente, ha un cuore. Esso è il centro, il luogo da cui proviene la vita … Questo cuore è la Pasqua di Cristo. Il centro è il mistero del buio che, in un pomeriggio carico di odio e di violenza e ricolmo, insieme, di amore e misericordia, è calato sul mondo. Ed è la tenue luce di un’alba primaverile, che ha cominciato a far rinascere, ridare calore e illuminare ogni cosa. Il buio e l’alba. Quel buio e quell’alba rappresentano e racchiudono il cuore pulsante di tutto il cristianesimo.
Racconta, infatti, il vangelo di Marco: «Quando fu mezzogiorno, si fece buio su tutta la terra, fino alle tre del pomeriggio. Alle tre Gesù gridò a gran voce: “Eloì, Eloì, lemà sabactàni?”, che significa: “Dio mio, Dio mio, perché mi hai abbandonato?”» (Mc 15,33-34). E poco oltre, dopo aver narrato della morte e della sepoltura di Gesù, lo stesso evangelista racconta: «Passato il sabato, Maria di Màgdala, Maria di Giacomo e Salome comprarono oli aromatici per andare a ungerlo. Di buon mattino, il primo giorno della settimana, vennero al
sepolcro al levare del sole» (Mc 16,1-3). Quel sole, al suo sorgere, non serve ad illuminare un cadavere. Quella luce, appena abbozzata, rischiara un sepolcro rimasto incredibilmente vuoto. Vuoto di un morto, per dire la presenza del Vivente: Gesù risuscitato, che non muore più. Alle donne, sul far del mattino, viene infatti dato l’annuncio che, come il primo accordo di una sinfonia, interrompe il silenzio che grava sulle cose degli umani: «E’ risorto, non è qui» (Mc 16,6).
Qui c’è il cuore del cristianesimo, qui riposa la ragione più profonda e intima di ogni vita cristiana. Infatti, nel buio del venerdì santo e nell’alba della domenica di resurrezione si manifesta l’identità di Gesù e quella del Dio che Egli ha tenacemente annunciato, con tutto se stesso; e in se stesso. Nella sua passione e nella sua morte, laddove tutti lo abbandonano e lo colpiscono, quando scocca l’ora delle tenebre e Gesù entra in quella notte che consiste nel vedere la vita sfuggire via, inesorabilmente, Egli si abbandona ancora, nonostante tutto, nelle mani di un Dio che sente e sa Padre buono e amorevole. Le ultime sue parole, secondo il racconto di Luca, sono infatti queste: «Padre, nelle tue mani consegno il mio spirito» (Lc. 23,46). Colui che è vissuto di fiducia continua ad esprimere unicamente fiducia: anche quando avverte che tutto, attorno a sé e in sé, si sgretola e soccombe ai colpi della morte. Colui che è vissuto di fiducia, muore in fiducia. Mostrando di non essere altro che questo: fiducia, abbandono, dono totale, consegna di sé a Dio, che è Padre.
L’alba della resurrezione non è altro che l’accoglienza e la risposta che il Padre dona alla sua esistenza generosa e buona e al gesto sublime di offerta della vita, di fiducia ed abbandono. Essa dice che Egli è davvero il Figlio di Dio, per sempre; e che Dio non è nient’altro che il Padre, la cui potenza di vita è più forte della forza della morte.
È questo a permettere il sorgere della vita cristiana. Nella resurrezione il Padre riempie, infatti, del suo Spirito di vita Gesù, affinché Egli lo possa ormai diffondere agli uomini. In costoro, se decidono di fargli spazio comincia perciò la vita cristiana, la vita secondo Cristo, ad immagine sua.
Roberto Repole, La Vita Cristiana, San Paolo