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Il mandorlo fiorito – Spunti per riflettere

PROFEZIA

La vita cristiana ha rappresentato, in tutte le stagioni, una profezia. Se Gesù ha potuto dire ai suoi, prima di congedarsi da loro, «se il mondo vi odia, sappiate che prima di voi ha odiato me» e «se hanno perseguitato me, perseguiteranno anche voi» (Gv 15,18; 20),  è perché sapeva troppo bene lo sconvolgimento che una vita vissuta a sua somiglianza porta nell’umanità. Per quanto strano possa sembrare, il bene crea, in molti, rifiuto e contrasto; e l’amore può far alzare barriere e difese inaspettate. La stessa vicenda di Gesù, in tal senso, è emblematica. Egli «passò beneficando e risanando tutti coloro che stavano sotto il potere del diavolo», dice Pietro nel libro degli Atti degli Apostoli (At 10,38). La sua fu una vita donata e offerta, totalmente votata al bene. Eppure, tutto l’odio di cui gli uomini sono capaci, gli si è scatenato contro.
Quel che è successo a Lui, è accaduto ed accade a molti cristiani. La vita di un cristiano può ingenerare rifiuto, fino a domandare il martirio. In ogni caso, quand’anche non si giunga a quel punto, un cristiano deve sapere che la sua esistenza in Cristo può suscitare l’irrisione, l’opposizione o l’indifferenza di chi non crede in Lui e non accetta, consciamente o inconsapevolmente, che in Lui si trovi l’umano più vero e riuscito.
Si tratta di una profezia che anche in questa stagione culturale può continuare a venire offerta. In un contesto democratico, come quello attuale, il pericolo di perdere la vita è davvero remoto, come si è già accennato. Il fatto, tuttavia, che un cristiano non accetti di piegarsi ad alcun signore di questo mondo, che si adoperi per una umanità in cui i deboli siano oggetto di uno sguardo privilegiato, che ritenga che la realtà non si esaurisca in ciò che vedono le scienze… continua a rappresentare una parola profetica. Una parola che, per essere detta in un qualche modo – anche solo con un certo stile di vita – può sempre provocare rifiuto.
La vita cristiana è profezia soprattutto per la fraternità che la caratterizza e che ha radice proprio nella signoria di Cristo. Perché in essa si dà a vedere e gustare, dentro questo mondo, qualcosa di quel Regno in cui Dio vuole ritrovare tutti gli uomini. Nella solidarietà e nell’amore reciproco, nella cura dei legami, nel fare del proprio cuore la dimora del fratello e nel percepire il suo cuore come la propria casa, a mezzo della presenza viva di Cristo, si manifesta l’anticipo della festa senza fine e del giorno senza tramonto. Per questo, si può davvero esclamare con le parole del salmo: «Com’è bello e com’è dolce che i fratelli vivano insieme. (…) E’ come la rugiada dell’Ermon, che scende sui monti di Sion. Perché là il Signore manda la benedizione, la vita per sempre» (Sal 133).
Si tratta di un aspetto particolarmente importante in questo nostro tempo. In un’epoca, infatti, in cui ogni settore della società si pensa come autonomo, questa fraternità può continuare a far vedere ciò di cui dovrebbero comunque interessarsi l’economia, la politica, l’educazione, la scienza, pur nella loro legittima autonomia. Si tratta della realtà di ogni singolo uomo, che non diviene mai numero né è ridotto a semplice oggetto di statistica, solo all’interno di una comunione di uomini: solo, cioè, in una fraternità, dove gli ultimi sono oggetto di uno sguardo privilegiato.
E’ sotto gli occhi di tutti, infatti, come la scienza possa facilmente dimenticarsi di quella comunità umana da cui proviene e a cui dovrebbe essere diretta. Così come è evidente, quali siano i danni di un’economia che dimentica di esistere perché gli uomini sono legati tra loro e per favorire questo legame. La fraternità cristiana, con la sua stessa esistenza e per il contribuito che da essa può venire alla società, può essere oggi, più che mai, una voce profetica. Una voce che annuncia un altro mondo, che deve però iniziare a prendere carne nelle pieghe di questa nostra terra e al cuore delle nostre esistenze.
Soprattutto, l’esistenza cristiana nel suo essere vita fraterna si offre come profezia per un mondo, come quello attuale, in cui l’individualismo contrassegna fortemente la cultura contemporanea. Infatti, il risvolto negativo di tutti i tratti, pur positivi, che caratterizzano il tempo presente, pare essere proprio un accento esasperato sull’individuo. Gli uomini si pensano e si vivono sempre più spesso come isolati. Con tutto il peso che ciò comporta: per il fatto che nessuno sembra poter contare su nessuno; perché diviene difficile fare tesoro di quello che hanno trasmesso le generazioni precedenti; perché i fallimenti, di qualunque genere, rischiano di essere gestiti senza poter contare sull’appoggio e il conforto altrui. La libertà, che caratterizza questo tempo e che si manifesta nel modo di vivere la fede, nell’autonomia delle singole sfere della vita sociale, nella cultura democratica, ha come contrappeso, sempre più spesso, una solitudine che avvelena la vita.
Il tratto della fraternità, da coltivare e da offrire, è forse proprio per questo quell’aspetto della vita cristiana capace di rappresentare una profezia: che snida le perversioni dell’isolamento; e che fa assaporare una vita, che ha il gusto di Dio.
Roberto Repole, La Vita Cristiana, San Paolo

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