CHE COSA FA LA CHIESA QUANDO PREGA ?
A una tale domanda, si possono dare — credo — le tre seguenti risposte:
Esprime la sua identità più profonda.
La Chiesa, quando prega, si manifesta proprio in quanto Chiesa. Essa si riunisce. E nota 1’affermazione della Costituzione conciliare sulla Liturgia ; affermazione, a mio avviso, tra le piu importanti del Concilio Vaticano II: «… tutti devono dare la più grande importanza alla vita liturgica della diocesi che si svolge intorno alvescovo, principalmente nella chiesa cattedrale: convinti che la principale manifestazione della Chiesa (praecipua manifestatio Ecclesiae) consiste nella partecipazione piena e attiva di tutto il popolo santo di Dio alle medesime celebrazioni liturgiche, soprattutto alla medesima Eucaristia, in una sola preghiera (in una oratione), presso il medesimo altare cui presiede il vescovo circondato dai suoi sacerdoti e ministri»(2). La manifestazione per eccellenza della Chiesa si verifica quando questa si riunisce per la preghiera comune. È allora che essa realizza se stessa al più alto grado; diviene allora « visibilmente » ciò che è « misteriosamente » : popolo di Dio riunito davanti a Lui; essa trova allora anche la sua struttura fondamentale : popolo riunito, diaconi che riuniscono le preghiere di tutti, e prostamenos che le presenta a Dio Padre, in nome di Gesù Cristo, nella comunione dello Spirito Santo.
Si ricorda che Ignazio d’Antiochia scriveva ai Magnesii: « II Signore, che era tutt’uno con il Padre, non fece nulla senza di Lui (cfr. Gv 5, 18 ; 12, 50), né agendo da solo, né (agendo) per mezzo dei suoi Apostoli; e cosi anche voi nulla dovete fare senza il vescovo e senza i presbiteri. Ed è inutile che cerchiate di far apparire buono ciò che fate voi, privatamente; siate una cosa sola : un’unica speranza nell’amore, un’unica gioia purissima : questo è Gesù Cristo e nulla e meglio di Lui! Accorrete dunque tutti a quell’unico tempio di Dio, intorno a quell’unico altare che è Gesù Cristo : Egli è uno, e procedendo dall’unico Padre, e rimasto a Lui unito, e a Lui è ritornato nell’unità»(3).
Benché, tuttavia, quest’assemblea della Chiesa non possa non essere assemblea locale, essa ha di fatto dimensioni molto più estese, nello spazio e nel tempo : per e attraverso la sua preghiera comune diviene la Chiesa di Dio, tale quale è a X ; e questa localizzazione dev’esser presa sul serio, perché essa è una delle condizioni della sua ecclesialità. Ma l’assemblea della Chiesa diviene ancor di più : il sacramento, cioé, — con e accanto alle altre Chiese locali — della santa Chiesa stessa di Dio, diffusa nel mondo e nei secoli, che si unisce alla compagnia degli angeli per celebrare il Padre, il Figlio e lo Spirito Santo. Sicché, quando si parla di preghiera comune, bisogna dire che essa è necessariamente comune alla Chiesa in tutta la sua cattolicità : quando 1’assemblea della Chiesa prega, prega, di fatto, con la Chiesa intera. Essa è, nei limiti inevitabili del «qui» e dell’ «ora », epifania del popolo di Dio. Ma se la Chiesa acquista nella preghiera comune la sua identità più profonda in quanto popolo, anche ciascuno dei suoi membri trova in essa che cosa egli è nel più profondo di se stesso : innestato sul Figlio unico, egli è divenuto capace, attraverso lo Spirito, di dire a Dio : «Padre » (4). Egli ha raggiunto il suo vero destino ; ha risposto alla sua vocazione : quella di mettersi alla presenza del Signore, per celebrare, coi fratelli, la gloria del Padre, del Figlio e dello Spirito, e per divenire, attraverso e in questa celebrazione, theias koinonòs physeos (2 Pt. 1, 4) : partecipe della divina natura.
Ubbidisce al comando del Signore.
Quando la Chiesa prega, ubbidisce. È la seconda risposta che bisogna dare alla nostra domanda. Certo, la Chiesa tende verso il suo Signore come una giovane verso il suo fidanzato ; ma ciò che motiva la sua pre-ghiera non e necessariamente la necessità o la voglia di pregare : in tempi di aridità spirituale, infatti, può non averne affatto voglia (5).
Essa si riunisce per pregare perchè ha ricevuto il comando di farlo. Il culto religioso non è anzitutto risultato di un bisogno religioso (per questo, la sua forma non è quella di riuscire ben gradito) : è innanzitutto ubbidienza ad un ordine : «… fate questo in memoria di me . . . », «… quando pregate, dite . . . », « pregate sempre . . . ». Ma perchè questo comando ? Credo si debba avere il coraggio di rispondere: perchè la preghiera, a causa dell’esaudimento di Dio, fa avanzare la storia della salvezza del mondo. Ogni autentica preghiera cristiana è portatrice, realizzatrice di storia, essa provoca l’avvicinamento della fine del mondo (e anche qui ve-diamo che non è possibile fare una netta distinzione teologica tra preghiera comune e preghiera privata, preghiera tradizionale e preghiera improvvisata). L’esaudimento della preghiera — sarà necessario ritornarvi sopra — mostra, come osserva K. Barth, che vi e « un influsso della preghiera sull’azione, sull’esistenza di Dio » (6).
In altre parole, quando la Chiesa si riunisce per la preghiera, diviene realizzatrice del disegno di Dio per il mondo ; «essa è allora — come dice J. Ellul — generazione di un futuro . . . , è (lì) . . . per assicurare la possibilità di una storia»(7) : la storia della salvezza. Si rivela qui, di fatto, il carattere politico della preghiera cristiana : essa fa maturare la storia, anche se in modo modesto, nascosto, non demagogico . . . « L’atto di pregare — diceva recentemente 1’arcivescovo Antonio Bloom – è un atto di ribellione contro la schiavitù, più essenziale più efficace della lotta armata»(8)
Si presenta a Dio nel nome del mondo.
La Chiesa, quando prega, esprime l’identità più vera i se stessa, e 1’identità più naturale dei suoi membri. Essa ubbidisce a un comando del Signore e in tal modo contribuisce a far venire il Regno (9). In terzo luogo, bisogna dire che la Chiesa, quando prega, si sostituisce al mondo, che non sa più o non sa ancora, pregare. Essa si esercita nell’offrirsi sacrificio regale. II famoso «sacerdozio universale », infatti, e molto più 1’ufficio attraverso il quale la Chiesa intera, in Gesù Cristo, si presenta Dio in nome e al posto del mondo, che il diritto, per ogni uomo, di presentarsi immediatamente a Dio. L’ufficio, cioè, al riparo del quale il mondo può sussistere sotto la pazienza di Dio . . . Primizia delle creature, dice, parlando della Chiesa, la lettera di Giacomo (cf. 1, 18) : ciò in cui il mondo intero può comparire e sussistere dinanzi Dio. È ciò che pone la Chiesa in preghiera, cosi vicino la Croce di Cristo.
Qui, fin dall’inizio noi troviamo, nella giusta prospettiva, la portata politica della preghiera comune : recitata in nome del mondo, questo sopravvive malgrado ciò che 1’attira verso la morte, e un tal fatto gli permette esser raggiunto ancora dall’Evangelo. Ci si sente colpiti, leggendo il Nuovo Testamento, nel notare che si manifesta in esso cosi poco sentimento di responsabilità politica diretta, II suo tenore, a proposito di questo fatto, e molto diverso da quel che si sente dire ascoltando la teologia contemporanea. Non credo ciò dipenda da una certa indifferenza per i poveri e gli sfruttati, e neppure dal fatto che l’ ansia escatologica e 1’attesa dell’ imminente parusia distogliesse la Chiesa nascente da un impegno politico concreto ; credo piuttosto sia dovuto al fatto che la Chiesa situava il principale esercizio della sua responsabilità politica nella preghiera : nel suo dovere, cioè, di porsi dinanzi a Dio in nome del mondo, perchè il mondo, protetto dalla di lei preghiera, potesse durare ancora e l’Evangelo vi fosse proclamato come 1’unica possibilità di salvezza. La Chiesa, quando prega, e come 1’apostolo Paolo che spezza il pane sul mare in tempesta e garantisce, mediante la sua presenza, la sopravvivenza di tutti i passeggeri. Sarebbe tanto desiderabile che la Chiesa riprendesse oggi coscienza che e proprio mediante la preghiera ch’essa si rende veramente utile al mondo! sarebbe tanto desiderabile che essa fosse fedele a questa sua vocazione!
CHE COSA DICE LA CHIESA QUANDO PREGA ?
Cominciamo con 1’osservare che non ogni preghiera e buona per esser recitata, in Chiesa. Bisogna pregare « secondo la volontà di Dio » (cf. 1 Gv 5, 14), o pregare «in nome di Gesù Cristo ». K. Barth chiama la preghiera cristiana «1’atto che consiste nel dare la nostra adesione all’opera di Dio»(10). Egli rileva, dunque, dal senso teologico della preghiera comune, che questa e regolata da ciò che noi sappiamo della volontà di Dio rivelata in Gesù Cristo. Questa volontà, vaglia — se cosi posso dire — tutto ciò che ci potrebbe venire in mente di dire a Dio. E’ ciò che fa anche in modo che la preghiera comune non possa non tener conto della tradizione liturgica della Chiesa: non necessariamente per ripetere preghiere di un tempo — come si ripeterebbero delle formule che essendo gia state esaudite garantirebbero di esser esaudite di nuovo — ma per pregare come un tempo, secondo gli stessi grandi schemi. Ora mi sembra possibile affermare che pregare « secondo la volontà di Dio » implichi essenzialmente tre cose : 1° – la celebrazione di Dio, che intende ed esaudisce; 2° – la domanda perchè venga il suo Regno ; 3° – 1’intercessione perchè la sua volontà di salvezza si diffonda, si realizzi, si consolidi. Tutte le altre preghiere non sono, per essere cristiane, che delle ramificazioni di questa triplice preghiera fondamentale. Vediamo la cosa un pò più da vicino.
Celebra le grandi opere di Dio
La preghiera comune e innanzitutto celebrazione delle grandi opere di Dio. « Santo è il suo nome : di generazione in generazione la sua misericordia stende su quelli che lo temono. Ha spiegato la potenza del suo braccio, ha disperso i superbi nei pensieri del loro cuore ; ha rovesciato i potenti dai troni, ha innalzato gli umili; ha ricolmato di beni gli affamati, ha rimandato a mani vuote i ricchi. Ha soccorso Israele, suo servo, ricordandosi della sua misericordia, come aveva promesso ai nostri padri, ad Abramo e alla sua discendenza, per sempre ». (Lc 1, 50 ss).
«Benedetto il Signore Dio d’Israele, perchè ha visitato e redento il suo popolo, e ha suscitato per noi una
salvezza potente nella casa di Davide, suo servo, come aveva promesso per bocca dei suoi santi profeti d’un tempo : salvezza dai nostri nemici e dalle mani di quanti ci odiano. Cosi Egli ha concesso misericordia ai nostri padri e si e ricordato della sua santa alleanza, del giura-mento fatto ad Abramo, nostro padre, di concederci, liberati dai nemici, di servirlo senza timore, in santità e giustizia al suo cospetto, per tutti i nostri giorni» (Lc 1, 68 ss).
« Signore, tu sei Colui che hai fatto il cielo, la terra, il mare e tutte le cose che sono in essi, tu, mediante lo Spirito Santo, per bocca del padre nostro e tuo servo David, hai detto : ‘Perchè fremettero le genti, e i popoli hanno meditate cose vane? I re della terra si presentarono, e i principi si sono radunati insieme contro il Signore e contro il suo Cristo. E veramente, in questa città si sono radunati Erode e Ponzio Pilato, insieme coi Gentili e con tutto il popolo d’Israele, contro il santo tuo Figliolo Gesù, che tu hai consacrato! Essi han fatto quel che la tua mano e il tuo consiglio decreto si facesse» (At 4, 24 ss).
A queste tre preghiere si dovrebbe aggiungere anche la citazione delle innumerevoli formule dossologiche contenute nelle lettere di Paolo, nell’Apocalisse, ed in altri testi. Si dovrebbero aggiungere ancora le formule di confessione di fede mediante le quali la Chiesa riunita si pone di fronte a Dio per celebrarlo, per enumerare tutto quello che Egli ha fatto in Gesù Cristo, dando in Lui, al mondo, un riferimento e una speranza. E questa celebrazione di Dio — primo contenuto della preghiera comune — si basa su una convinzione talmente salda che in Gesu di Nazareth Dio ha fatto biforcare la sorte del mondo intero che, come ad esempio nel magnificat o nel Cantico di Zaccaria, ciò che e ancora tutt’al più solo iniziato — la sconfitta degli orgogliosi, cioè, e il rovesciamento della situazione degli umili e degli affamati — è cantato come irreversibilmente stabilito e realizzato. Proprio come nell’espressione detta da Cristo sulla Croce : « Tutto e compiuto » (Gv 19, 30).
Nella sua preghiera, dunque, la Chiesa comincia col celebrare Dio, la sua misericordia, la sua storia, la sua vittoria. Si pensi al catechismo di Heidelberg, che tanto insiste sul fatto che la preghiera « e la principale parte della riconoscenza che Dio reclama da noi»(ll).
Esprime la sua attesa del rinnovamento di tutte le realtà, in Gesù Cristo
Ciò che la Chiesa esprime, in secondo luogo, nella preghiera comune, e il suo ardente desiderio di vedere incontestabilmente realizzato il rinnovamento di tutte le cose ottenuto dalla morte e resurrezione di Gesù Cristo. «Venga la (tua) grazia e passi questo mondo ! » (12). È la preghiera medesima che chiude lo stesso Nuovo Testamento : «Lo Spirito e la Sposa dicono : Vieni! Vieni, Signore Gesu ! » (Ap 22, 17.20) (13).
Ed e in questa prospettiva — credo — che bisogna interpretare anche 1’insieme dell’orazione domenicale. Essa e la preghiera di coloro per i quali niente conta altrettanto quanto la conferma pubblica, universale, della loro confessione di fede : la dimostrazione che la resurrezione di Gesù nel mattino di Pasqua non può non portare come conseguenza il rinnovamento dell’intera creazione, attraverso lo stabilirsi del Regno di Dio e il godimento dei beni escatologici. Per questo — mi sembra — anche il tenore delle ultime richieste dell’orazione domenicale implora la parusia : il pane epiousios, « soprasostanziale », la cancellazione di tutto ciò che porrebbe 1’uomo in conflitto con Dio, la capacita di resistere al maligno nel giorno dell’ultimo giudizio. E il semeron della quarta richiesta mi sembra allora voglia dire che, nell’ansiosa attesa della parusia, fin d’oggi noi possiamo vivere della vittoria del Cristo e della venuta dello Spirito Santo, come attesta la variante della versione lucana della preghiera del Si-gnore : «venga su di noi il tuo Santo Spirito e ci purifichi» (Lc 11,2).
Attesta l’evangelizzazione del mondo
II terzo elemento veramente importante della preghiera comune, e che non ostante gli ostacoli posti dal1’avversario, il disegno di Dio avanza nel mondo ; coloro, perciò, che sono incaricati di essere i portatori dell’Evangelo del Signore, lo siano senza affievolirsi. Si potrebbe anche dire che il terzo elemento veramente importante della preghiera comune, e 1’evangelizzazione del mondo. « E adesso, Signore, tieni presenti» le minacce di Erode, di Pilato, delle nazioni, del popolo d’Israele «e concedi ai tuoi servi di annunziare la tua parola con tutta fran-chezza, mentre tu stendi la mano a risanare e a operar segni e prodigi per mezzo del nome del santo tuo Figlio Gesù», dicono i fedeli di Gerusalemme al ritorno di Pietro e Giovanni dopo che avevano essi dovuto comparire dinanzi al Sinedrio (At 4, 29 ss). Sono stato colpito nel notare la regolarità di questo tipo di preghiera nei testi neotestamentari: la richiesta che 1’Evangelo si radichi, si fortifichi la dove e gia piantato, che arrivi a nuovi luoghi d’impiantazione. Non è possibile farne 1’enumerazione completa ; pochi esempi saranno sufficienti.
Si potrebbero anzitutto rilevare i rendimenti di grazie con cui Paolo inizia le sue lettere, e che sono dominati dalla preoccupazione dell’avanzamento dell’Evangelo nel mondo. «Ringraziamo Iddio, Padre del Signore nostro Gesù Cristo, ogni volta che preghiamo per voi, sentendo la fede che avete in Cristo Gesu e 1’amore che portate a tutti i santi, per via della speranza che e riposta per voi nei cieli; speranza che avete gia da tempo concepito nella parola di verità del Vangelo pervenuto a voi, come in tutto il mondo sta producendo i suoi frutti e facendo progressi quali fa tra voi, dal di che 1’avete udito, e avete conosciuto la grazia di Dio nella sua verità . . . Perciò anche noi. . . non cessiamo dal pregare per voi e dal chiedere che siate ben compenetrati della conoscenza di quel che e la sua volontà in tutto il campo della sapienza e intelligenza spirituale, si da procedere in modo degno del Signore, con pieno suo gradimento, in ogni opera buona, fruttificando e progredendo nella cognizione di Dio, in ogni virtù fortificati secondo la sua gloriosa potenza a sopportare ogni cosa con pazienza e longanimità, con gioia ringraziando Dio Padre dell’avervi resi atti ad aver parte nell’eredita dei santi nella luce ; quel Dio, che ci ha sottratti all’impero delle tenebre, e ci ha trasportati nel regno del Figlio dell’amor suo, in cui abbiamo la redenzione, la remissione dei peccati » (Cl 1, 3-14). O ancora : « Io ringrazio il mio Dio ad ogni ricordo di voi, sempre, in ogni orazione mia, pregando con gioia per tutti voi, a motivo della vostra partecipazione al Vangelo, dal primo giorno fino ad ora, persuaso di questo appunto che chi ha cominciato in voi 1’opera buona, la compirà fino al giorno di Gesu Cristo. Ed e giusto per me il pensar questo di tutti voi, perchè vi ho nel cuore, come quelli che, e nelle mie catene, e nella difesa e nella confermazione del Vangelo, siete tutti compagni a me nella grazia. Poiché Dio mi e testimone che io voglio bene a tutti voi nelle viscere di Gesù Cristo ; e questa e la mia preghiera che la vostra carità cresca sempre più e più, in cognizione e in ogni finezza di senso, si da riconoscere voi le cose migliori, affinché siate schietti e irreprensibili fino al giorno di Cristo, ripieni del frutto della giustizia per via di Gesù Cristo, a gloria e lode di Dio » (Fl 1, 3-11).
Questi esempi potrebbero esser moltiplicati. Ad essi bisogna aggiungere, nello stesso senso, 1’esortazione rivolta ai Tessalonicesi o ai Colossesi, di pregare per lui « perchè la parola del Signore abbia corso e sia glorificata ovunque . . . e affinché noi siamo liberati dagli uomini protervi e malvagi, poiché non e di tutti la fede » (2 Tss 3, 1 ss); o di pregare sempre per lui «affinché Iddio gli apra la porta della parola, e gli sia dato annunziare il mistero di Cristo, per il quale anche ora e in catene, affinché lo manifesti come conviene che ne parli» (cfr. Cl 4, 3 ss). Si ritrova qui come un’eco della preghiera sacerdotale di Gesù che chiede a Dio non di togliere dal mondo coloro a cui Egli da 1’incarico di rappresentarlo in esso, ma di preservarli dal male, santificarli attraverso la verità e unirli incrollabilmente « affinché il mondo riconosca che tu mi hai mandato e che li hai amati, come hai amato me » (Gv 17, 9 ss).
Questa stessa preoccupazione dell’avanzamento del1’Evangelo e del consolidamento della fede di coloro che hanno creduto, si ritrova ancora, di frequente, nelle benedizioni dossologiche riportate dal nuovo Testamento:
«A Colui che può consolidarvi secondo il mio Vangelo e la predicazione di Gesù Cristo, conforme alla rivelazione di un mistero per lunghi secoli taciuto, (ma ora rivelato, per mezzo delle Scritture profetiche, giusta 1’ordine dell’eterno Dio e conosciuto fra tutte le genti per trarle all’obbedienza della fede), a Dio unico Sapiente, per via di Gesù Cristo, sia gloria per i secoli dei secoli. Amen ! » (Rm 16, 25 ss: cf. Giud. 24 ss).
Riassumendo : se, mediante la preghiera comune, la Chiesa esprime la sua più profonda identità, fa avanzare la storia della salvezza, tiene il suo ruolo di popolo sacerdotale, mediatore tra Dio e il mondo, tra il mondo e Dio, quello che essa celebra in questa preghiera e innanzitutto Dio e la storia che Egli concretizza per salvare il mondo; e poi 1′ implorazione perchè venga la parusia e con essa sia (definitivamente) stabilito il Regno di Dio; e infine la richiesta che essa, la Chiesa, e coloro che ne sono i responsabili, possano fedelmente assolvere il com-pito che solo loro sono capaci di assolvere, e che e indispensabile al mondo e alla sua salvezza : far in modo, cioè, che nell’attesa della parusia, 1’Evangelo si diffonda, s’impianti, si consolidi e porti il suo frutto. Non credo esagerato dire che tutte le altre preghiere non sono cri-stiane che nella misura in cui scaturiscono da queste tre preghiere fondamentali e preparano ad esse.
A CHE COSA, LA PREGHIERA COMUNE, IMPEGNA LA CHIESA, CHE LA RIVOLGE A DIO?
Mi domando spesso se l’attuale crisi della preghiera e della vita di preghiera non sia dovuta in gran parte ad un riflesso d’onesta : in coloro, evidentemente, che non dubitano (dell’esistenza) di un Dio, vivente e personale. Si prega male, si prega poco, perchè s’insiste sulla serietà della preghiera, s’insiste nel dire che la preghiera impegna. Si tende allora a rifugiarsi nella preghiera della Chiesa. Ma anche questa impegna, impegna altrettanto. A che cosa però?
Volere ciò che si chiede a Dio
La preghiera impegna la Chiesa a volere essa stessa ciò che domanda a Dio. Se la preghiera — per riprendere la citazione di K. Barth riportata poco fa — è «l’atto che consiste nel dare la nostra adesione all’opera di Dio » (14), questa adesione impegna. La Chiesa stessa diventa responsabile di ciò che domanda. Si, liberamente responsabile : senza alcun timore, cioè, per tutto ciò che si dovrà fare. A questo proposito, 1’assenza di frenesia che caratterizza la politica missionaria di Paolo : di lui, che, pure — se 1′ esegesi di 2 Tm 2 proposta da O. Cullmann è corretta (15) — era incaricato in modo più particolare degli altri del compimento del terzo momento del contenuto della preghiera, e che sapeva di essere un elemento chiave dell’avanzamento della storia della salvezza, e esemplare.
Se Paolo fosse stato veramente convinto della parusia, avrebbe egli organizzato si saggiamente la sua strategia missionaria, da impiantare 1’Evangelo soltanto nelle città, per poi arrivare a poco a poco, alle campagne ? Avrebbe egli pazientemente atteso tre anni nelle prigioni di Cesarea, prima di appellare a Cesare ? La preghiera impegna la Chiesa a mettersi innanzitutto al servizio dell’esaudimento di ciò che essa domanda a Dio. Essa stessa diviene allora collaboratrice di Dio nell’avanzamento del piano di salvezza, qualunque sia 1’esegesi di Theou sunergoi che si adotta per spiegare il testo di 1 Cr 3, 9 (16).
E di tutta la vita della Chiesa che bisognerebbe qui parlare, perchè essa non e altro che un volontariato per e nell’opera della salvezza che Dio persegue nel mondo.
Riguardo a ciò che abbiamo rilevato parlando del contenuto della preghiera cristiana, impegnarsi nel servizio dell’esaudimento di quel che si domanda a Dio, significa — ricondotto all’essenziale — : sapere che quel che conta veramente, nel mondo, e la venuta, 1’insegnamento, la passione, la vittoria e la glorificazione di Gesù Cristo e 1’agire m conseguenza (di queste stesse realtà) ;
esser tesi verso la manifestazione di ciò che e avvenuto nel momento dell’incarnazione e sottomettere alla speranza di questa manifestazione 1’insieme della propria vita, dare all’impiantazione e alla crescita dell’Evangelo la preferenza su ogni altra attività ; compiere ciò che è specificamente cristiano, ciò che nessuna cosa e nessun altro che la Chiesa può compiere qui in terra.
Pregare in modo unanime
Parlando della preghiera comune, il Nuovo Testamento utilizza frequentemente due espressioni che fanno riflettere: la comunità cristiana, per la sua preghiera si riunisce epi to auto, «in uno stesso luogo » (17), e questa preghiera e pronunziata «in maniera unanime », «in comune», homothymadon (18). La Chiesa, che la preghiera costituisce in assemblea di Dio, e una Chiesa una. Come non si va a presentare a Dio la propria offerta in stato di inimicizia col fratello, ma si va prima a riconciliarsi con lui (cfr. Mt 5, 23 ss), cosi la Chiesa non deve presentarsi a Dio divisa. La sua divisione sarebbe infatti una smentita — per cosi dire — di ciò che essa e, un sabotaggio della propria preghiera (cfr. Mt 18, 19). E’ qui anche il senso del bacio di pace che precede il momento più importante della preghiera comune : 1’Eucaristia (19).
Se la preghiera comune impegna a mettersi al servizio di ciò che si domanda a Dio e ad accettare di divenire noi stessi operatori di esaudimento, bisogna ora dire, in secondo luogo, che la preghiera comune impegna la Chiesa — che la rivolge a Dio — a far questo in modo unanime, nell’unita ; che 1’impegna, di conseguenza, ad una particolare cura per impedire le divisioni e, se queste si sono prodotte, a guarirle.
Commentando 1’interpretazione data dai grandi catechismi della Riforma — quello di Calvino, il cate-chismo di Heidelberg e i due catechismi di Lutero — K. Barth osserva : «essendo i Riformatori unanimi in ciò che concerne la preghiera, sono essi d’accordo sul fondo delle cose. E se si può pregare insieme, si dovrebbe anche poter comunicarsi insieme; giacche le differenze dottrinali non possono essere allora che differenze secondarie»(20).
Noi non siamo qui per abbordare, ancor meno per trattare le relazioni tra preghiera comune e ricerca ecumenica, ma sarebbe cosa estremamente importante il porci almeno le domande: sono le nostre divisioni talmente profonde, da impedirci di pregare insieme, perché convinti di non rivolgerci allo stesso Dio, attra-verso lo stesso Cristo e nello stesso Spirito ? E se esse non sono tali, se esse non c’impediscono di pregare insieme, che cosa attendiamo per misurarne non la profondità ma la piccolezza e per svelarla ed eliminarla, onde la Chiesa locale possa riunirsi epi to auto, per rivolgersi a Dio homoihymadon ?
Una preghiera già esaudita
Un ultimo punto in questo breve esame da noi fatto, per conoscere a che cosa la preghiera impegna. Esso ci ha condotto all’esaudimento della preghiera. « Questa è la fiducia che noi abbiamo in Lui — dice la prima lettera di Giovanni — che qualunque cosa chiederemo secondo la sua volontà, Egli ci esaudisce. E sappiamo che ci esaudisce, qualunque cosa gli chiediamo ; lo sappiamo perchè abbiamo 1’effetto delle richieste a Lui fatte» (5, 14-15). Ciò significa — credo — che la preghiera cristiana e una preghiera gia esaudita in Gesù Cristo, una preghiera di cui noi domandiamo a Dio di confermare 1’esaudimento. « Perciò vi dico — afferma Gesù — tutte le cose che domanderete nella preghiera, abbiate fede di ottenerle e le otterrete » (Mc 11, 24). La preghiera comune dei cristiani si appoggia, in qualche modo, a ciò che Dio ha compiuto in Gesù Cristo e che e «infinitamente al di la di quel che noi domandiamo, o pensiamo » (Ef 3, 20); ed è in questa situazione ch’essa è pronunziata. Noi non possiamo domandare di più di quello che Dio ci ha donato, possiamo nondimeno domandare 1’apocalisse, lo svelamento, la manifestazione incontestabile di tutto questo. Ciò che mi sembra significare, in modo assai concreto, tre cose :
1° – la pazienza nell’attesa dell’esaudimento, o piuttosto dell’esaudimento manifesto. Può sembrare talvolta— o anche spesso — che Dio risponda al contrario di ciò che gli domandiamo anche con fede; come indica la preghiera stessa, non esaudita, di Gesù nel Getsemani
— prima che Egli si piegasse alla volontà di Dio (Mc 14, 36) — o come Paolo apprende dopo aver chiesto per tre volte (anche lui 1 Cfr. Mc 14, 36.39.41) di esser oberato da quel misterioso stimolo della carne (cf. 2 Cr 12, 7). Apprende cioè che gli è sufficiente la grazia di Dio, poiché la forza di Dio si compie nella debolezza. Si, può sembrare che Dio risponda al contrario, come appresero anche quelle persone — di cui il mondo era indegno — che furono lapidate, segate, perirono di spada, andarono raminghe, furono denudate, oppresse, maltrattate perchè non dovevano giungere alla perfezione senza di noi (cf. Ebr 11, 37).
L’esaudimento segreto preliminare, e garante dell’esaudimento ultimo manifesto. La preghiera comune o privata impegna dunque alla fiducia nella virtù, nella validità, e sufficienza dell’esaudimento preliminare di ogni preghiera cristiana, impegna alla fede in Gesù Cristo, incarnato, crocifisso, risuscitato e glorificato.
In secondo luogo, se la preghiera impegna alla pazienza, nell’attesa dell’esaudimento finale della preghiera gia fin d’ora esaudita, essa non impegna di meno a ricercare tutti quei segni in cui 1’esaudimento preliminare e finale trovano la propria attestazione, ed a gioirne. E specie a ricercare ed a gioire di quel momento più importante, in cui si attesta, per eco ed anticipazione, l’esaudimento della preghiera : l’Eucaristia della domenica.
Infine, se l’esaudimento che attendiamo, è la manifestazione e la conferma di ciò che è passato nella vita, morte e resurrezione di Gesù di Nazareth, se esso è 1’esaurimento dell’esaudimento, allora noi sappiamo che cosa domandare per pregare secondo Dio: è infatti l’orazione domenicale quella preghiera totalmente differente dalla preghiera spontanea, che sale dal cuore dell’uomo (21) e provoca e segna l’avanzamento della storia della salvezza.
Jean-Jacques von Allmen da Vita monastica 118-119 (1974) 137-155 Camaldoli 1974