LA COMUNIONE DEI SANTI
Il cristianesimo è vita, perciò è visibile, in primo luogo, nella vita. Il primo manuale sulla vita spirituale è una biografia: la Vita di sant’Antonio Abate, scritta da sant’Atanasio. Già in età patristica alle biografie dei santi veniva dato l’appellativo di “lettura utile per l’anima”. La pa-rola latina “legenda” significa letteralmente ciò che si deve leggere. Se Cristo è la luce di perfezione, i santi sono, come si dice, il suo riflesso nell’acqua. Gli occhi deboli dell’uomo osservano perciò più sicuramente il sole riflesso nell’acqua che quello che brilla nel cielo.
Nelle biografie popolari anche la gente semplice è capace di ammirare ed imitare gli esempi concreti, visibili. Vi sono talvolta contenute anche notizie “leggendarie”. Nessuno ci obbliga a credere alle notizie poco storiche, ai miracoli escogitati. È compito della scienza agiografica scegliere e separare le indicazioni storiche dagli elementi leggendari. Ma anche le antiche leggende hanno un loro fascino. C’è una semplicità così favolosa in certuni che dipingono l’immagine di un cristiano perfetto con tale freschezza da rimanere inimitabili per gli spiriti critici. Accade, quindi, come nota san Giovanni Climaco, che leggendo la biografia di un santo ci sentiamo come dei poveri che hanno visto i tesori del re. Subito li desideriamo, perché abbiamo conosciuto la nostra miseria, ed insieme la ricchezza comune con i nostri confratelli santi.
La Chiesa, chiamata Gerusalemme celeste, è descritta come sposa immacolata dell’Agnello (Ap 19,7; 21,2) che Egli ama e che ricolma dei doni celesti. Supera quindi il tempo, è unione dei vivi e dei morti, comunione dei santi. Tutti i cristiani sono concordi che Cristo solo ci dà l’accesso al Padre, essendo Lui il “solo mediatore fra Dio e gli uomini” (1 Tim 2,5). Cristo però è una realtà che abbraccia tutto e penetra tutto, Egli è il capo del suo corpo mistico, della Chiesa che è come suo “prolungamento storico”. Come Figlio, Egli è “uno” con il Padre e ha voluto che i suoi discepoli fossero “uno con lui” (Gv 17,21).
L’amore di Dio si esercita per mezzo dell’amore del prossimo, quindi anche l’accesso al Padre è per mezzo degli uomini uniti in Cristo. Il vero culto dei santi non può allontanarci da Dio, ma è, al contrario, l’unico cammino che conduce verso l’alto.
Perciò le preghiere di rito bizantino terminano con questa caratteristica conclusione: «Insieme con la santissima Madre di Dio, con gli angeli e tutti i santi (ti chiediamo Dio, questa o quest’altra cosa) ». A ciò Aleksej Chomjakov aggiunge questa riflessione: «Nessuno può fidarsi della sua preghiera privata. Chi prega, chiede l’intercessione di tutta la Chiesa. Pregano con noi gli angeli, gli apostoli, i martiri, i patriarchi e anche colei che è superiore a tutti, la Madre del nostro Signore. In questa santa unione consiste la vera vita della Chiesa».
Card. T. Spidlik, Catechesi sulla Chiesa, Roma 2002